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Farsi guidare dalle guide


La polemica sull’affidabilità delle guide del settore enogastronomico è annosa quanto la questione balcanica nell’Ottocento e non intendo parteciparvi.

Innanzitutto perché le ho ampiamente utilizzate e rendo loro merito per tutti i dati ai quali danno accesso, poi per la sempre presente consapevolezza dei miei limiti e infine perché tutti hanno diritto ad avere opinioni anche completamente discordanti dalle altrui.

Fatta questa doverosa premessa, mi sia consentito manifestare alcune lievi perplessità.

Se è comprensibile leggere critiche non unanimi in base al soggettivo criterio della degustazione, lo è meno vedere citati vitigni diversi (da guide edite negli stessi anni!) o, ancora più incomprensibile, discordare sulla natura del suolo.

Quindi il problema sorge quando ci si chiede a quale fare affidamento.

Se il lettore è tendenzialmente pigro, finirà per confidare in quella più nota o di moda; se invece desidera veramente capire qualcosa di più, ne consulterà il maggior numero possibile arrivando a trarre conclusioni personali molto vicine all’optimum.

Non serve essere al corrente di tutto perché le possibili informazioni sono spesso sovrabbondanti e finiscono per indurre in confusione i non addetti ai lavori.

Basta conoscere alcuni degli elementi caratterizzanti un prodotto (inteso come campione ideale dello stesso) e infine basta valutare se all’interno di queste pubblicazioni essi sono presenti e con quale frequenza.

Una postilla è comunque necessaria.

Le guide seguono un percorso di attribuzione che non sempre coincide con i parametri del nostro criterio valutativo, per cui è sempre opportuno mediare, senza incorrere frettolosamente in giudizi manichei.

Farsi guidare dalle guide
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